Il deserto da sempre affascina i viaggiatori. Molti sono
quelli che affrontano l’avventura mettendosi alla prova in gare dure e
difficili, dove l’abilità dei piloti si confronta con le insidie delle dune e
delle piste del deserto. Molti sono quelli che restano affascinati dalla natura
spettacolare e molti quelli che si avvicinano alla popolazione che abita nei
luoghi che attraversano. Da alcuni anni un gruppo di piloti corre nei rally
africani associando alle gare la solidarietà: sono quelli di “Energia e Sorrisi”
team motociclistico vicentino impegnato nelle gare, che è anche onlus che si
dedica alla consegna di aiuti umanitari.
Ci racconta questa esperienza il presidente, Giampietro
Dal Ben.
Come e quando è
nata l’idea di unire la passione per le gare motociclistiche alla solidarietà?
Nel 2000 sono andato in Egitto per un rally con la moto:
ho visto la povertà e ho lasciato le mie cose alle persone che abitavano nei
villaggi che attraversavo durante la gara. Ho pensato che non potevo andare in
quelle terre credendo che fosse un parco giochi. Così al rientro mi sono
organizzato per tornare in Africa. Nel 2006 in Marocco ho trovato una
situazione ancora più difficile e quella volta mi ero portato delle borse in
più con degli aiuti da lasciare alla popolazione. Ma non bastava. Nel 2007 sono
tornato in Marocco per il Tuareg Rallye con
un fuoristrada e un maxi rimorchio e ho consegnato 15 quintali di aiuti.
Quando è nata
“Energia e Sorrisi”?
Ufficialmente il 14 gennaio del 2008. Siamo una trentina
di volontari ai quali si aggiungono i piloti ai quali facciamo assistenza
durante le gare e una settantina di persone che gravitano intorno
all’associazione.
A quali gare
partecipate?
Normalmente partecipiamo alle gare africane: il Tuareg
Rallye del Marocco, il Rally di Tunisia,
il Rally dei Faraoni in Egitto.
Siamo stati anche al Rally Internazionale d’Albania.
Ma abbiamo anche portato aiuti in Bosnia e a L’Aquila.
Quali aiuti
portate?
Vestiti, scarpe, giocattoli, materiale didattico, materiale
sanitario.
Come raccogliete
il materiale?
Generalmente con il passaparola. Ci aiuta la gente che ci
conosce e poi aziende, imprese che vengono a conoscenza del nostro impegno.
L’importante è non stare mai fermi ad aspettare: perché come dice il nostro
motto “coe ciàcoe no se inpasta frìtoe” (con le chiacchiere non si impastano le
frittelle), non si possono ottenere risultati solo a parole, bisogna agire.
C’è qualcuno che
ha raccontato le vostre vicende?
Sulle nostre avventure sono stati realizzati due libri e due
dvd. “Cuore Tuareg” (Autori: Massimo
Belluzzo, Luciano Covolo, Luigino Del Pozzo. Editore: C&B Edizioni),
accompagnato da un dvd, racconta la spedizione durante il Tuareg Rallye del
2009.
Per l’edizione 2010 abbiamo
realizzato un libro e, separatamente, un dvd, intitolati “La porta nel deserto”
(Claudio Tessarolo, con foto di Luciano Covolo e Danilo Pellegrin. Editore:
C&B Edizioni - Dvd di Vision/Zetagroup). Sono le storie dei nostri
motociclisti e in parallelo dei nostri camion, che affrontano il deserto, ognuno
con il proprio compito e ognuno animato dalla voglia di lasciare nel territorio
che attraversa non solo le tracce dei pneumatici ma anche un segno di
solidarietà. Si possono ordinare nelle librerie. Ci tengo sempre a precisare
che il libro costa 15 euro: l’equivalente del costo di consegna di una scatola
di aiuti.
Quale è stato l’ultimo viaggio che avete intrapreso portando
aiuti?
All’’inizio di ottobre di quest’anno siamo stati al Rally
dei Faraoni. In un orfanotrofio abbiamo portato 29 letti medicali e 25 quintali
di aiuti. La cosa particolare è stata che siamo stati accolti come delle star:
non ci aspettavamo tutto questo clamore. Poi nelle oasi che abbiamo trovato
lungo il percorso di gara abbiamo consegnato altri 45 quintali di aiuti.
Quali sono i
progetti futuri?
Marocco Tuareg Rally nel marzo 2012. La sfida sportiva della gara ci chiama sempre, e insieme c’è
sempre la sfida umanitaria: due sfide che non esistono l’una senza l’altra. Per
i piloti è importante arrivare alla fine della competizione e magari fare un
buon piazzamento, ma l'unica medaglia davvero importante è fatta delle emozioni
che viviamo con la gente che incontriamo.
Qual è il ricordo
più forte di tutti questi anni passati tra sport e solidarietà?
Nel 2008 in Marocco stavo partendo per l’ultima tappa.
Mentre bevevo da una bottiglietta d’acqua mi sono accorto che una donna berbera
mi stava osservando. Ho capito che aveva sete e le ho dato la bottiglia: lei si
è bagnata le labbra e me l’ha subito restituita. Io l’ ho ripresa in mano ma
subito gliel’ho ridata. Lei ha preso la bottiglia, l’ha appoggiata a un
muretto, si è tolta un anello dalla mano e me l’ha regalato.
Perché vi chiamate
“Energia e Sorrisi”?
Per raccogliere e preparare il materiale ci vuole molta
energia e alla fine della gara, la cosa che più ci ripaga di tutto, sono i
sorrisi che riceviamo quando consegniamo gli aiuti.
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