venerdì 11 novembre 2011

Sfida al deserto


Il deserto da sempre affascina i viaggiatori. Molti sono quelli che affrontano l’avventura mettendosi alla prova in gare dure e difficili, dove l’abilità dei piloti si confronta con le insidie delle dune e delle piste del deserto. Molti sono quelli che restano affascinati dalla natura spettacolare e molti quelli che si avvicinano alla popolazione che abita nei luoghi che attraversano. Da alcuni anni un gruppo di piloti corre nei rally africani associando alle gare la solidarietà: sono quelli di “Energia e Sorrisi”  team motociclistico vicentino impegnato nelle gare, che è anche onlus che si dedica alla consegna di aiuti umanitari.
 Ci racconta questa esperienza il presidente, Giampietro Dal Ben.

Come e quando è nata l’idea di unire la passione per le gare motociclistiche alla solidarietà?
Nel 2000 sono andato in Egitto per un rally con la moto: ho visto la povertà e ho lasciato le mie cose alle persone che abitavano nei villaggi che attraversavo durante la gara. Ho pensato che non potevo andare in quelle terre credendo che fosse un parco giochi. Così al rientro mi sono organizzato per tornare in Africa. Nel 2006 in Marocco ho trovato una situazione ancora più difficile e quella volta mi ero portato delle borse in più con degli aiuti da lasciare alla popolazione. Ma non bastava. Nel 2007 sono tornato in Marocco per il Tuareg Rallye con un fuoristrada e un maxi rimorchio e ho consegnato 15 quintali di aiuti.

Quando è nata “Energia e Sorrisi”?
Ufficialmente il 14 gennaio del 2008. Siamo una trentina di volontari ai quali si aggiungono i piloti ai quali facciamo assistenza durante le gare e una settantina di persone che gravitano intorno all’associazione.

A quali gare partecipate?
Normalmente partecipiamo alle gare africane: il Tuareg Rallye del Marocco, il Rally di Tunisia, il Rally dei Faraoni in Egitto.  Siamo stati anche al Rally Internazionale d’Albania. Ma abbiamo anche portato aiuti in Bosnia e a L’Aquila.

Quali aiuti portate?
Vestiti, scarpe, giocattoli, materiale didattico, materiale sanitario.

Come raccogliete il materiale?
Generalmente con il passaparola. Ci aiuta la gente che ci conosce e poi aziende, imprese che vengono a conoscenza del nostro impegno. L’importante è non stare mai fermi ad aspettare: perché come dice il nostro motto “coe ciàcoe no se inpasta frìtoe” (con le chiacchiere non si impastano le frittelle), non si possono ottenere risultati solo a parole, bisogna agire.

C’è qualcuno che ha raccontato le vostre vicende?

Sulle nostre avventure sono stati realizzati due libri e due dvd. “Cuore Tuareg” (Autori: Massimo Belluzzo, Luciano Covolo, Luigino Del Pozzo. Editore: C&B Edizioni), accompagnato da un dvd, racconta la spedizione durante il Tuareg Rallye del 2009.   
Per l’edizione 2010 abbiamo realizzato un libro e, separatamente, un dvd, intitolati “La porta nel deserto” (Claudio Tessarolo, con foto di Luciano Covolo e Danilo Pellegrin. Editore: C&B Edizioni - Dvd di Vision/Zetagroup). Sono le storie dei nostri motociclisti e in parallelo dei nostri camion, che affrontano il deserto, ognuno con il proprio compito e ognuno animato dalla voglia di lasciare nel territorio che attraversa non solo le tracce dei pneumatici ma anche un segno di solidarietà. Si possono ordinare nelle librerie. Ci tengo sempre a precisare che il libro costa 15 euro: l’equivalente del costo di consegna di una scatola di aiuti. 

Quale è stato  l’ultimo viaggio che avete intrapreso portando aiuti?
All’’inizio di ottobre di quest’anno siamo stati al Rally dei Faraoni. In un orfanotrofio abbiamo portato 29 letti medicali e 25 quintali di aiuti. La cosa particolare è stata che siamo stati accolti come delle star: non ci aspettavamo tutto questo clamore. Poi nelle oasi che abbiamo trovato lungo il percorso di gara abbiamo consegnato altri 45 quintali di aiuti.

Quali sono i progetti futuri?
Marocco Tuareg Rally nel marzo 2012. La sfida sportiva della gara ci chiama sempre, e insieme c’è sempre la sfida umanitaria: due sfide che non esistono l’una senza l’altra. Per i piloti è importante arrivare alla fine della competizione e magari fare un buon piazzamento, ma l'unica medaglia davvero importante è fatta delle emozioni che viviamo con la gente che incontriamo.

Qual è il ricordo più forte di tutti questi anni passati tra sport e solidarietà?
Nel 2008 in Marocco stavo partendo per l’ultima tappa. Mentre bevevo da una bottiglietta d’acqua mi sono accorto che una donna berbera mi stava osservando. Ho capito che aveva sete e le ho dato la bottiglia: lei si è bagnata le labbra e me l’ha subito restituita. Io l’ ho ripresa in mano ma subito gliel’ho ridata. Lei ha preso la bottiglia, l’ha appoggiata a un muretto, si è tolta un anello dalla mano e me l’ha regalato.

Perché vi chiamate “Energia e Sorrisi”?
Per raccogliere e preparare il materiale ci vuole molta energia e alla fine della gara, la cosa che più ci ripaga di tutto, sono i sorrisi che riceviamo quando consegniamo gli aiuti.

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